TRA TERRA E CIELO

Questa settimana Manuel Carboni ci racconta la sua esperienza e i suoi pensieri legati alla festa dei 50 anni del Movimento Giovanile Salesiano della Sicilia.

50 anni di MGS

Il Movimento Giovanile Salesiano della Sicilia compie 50 anni e per l’occasione ha organizzato a Catania una grande festa fatta di testimonianze, giochi, preghiere e pellegrinaggi. Ad arricchire i festeggiamenti, uno spettacolo a teatro: 2000 spettatori in platea, altri collegati in streaming e la presenza della Madre Generale e del Rettor Maggiore.

Noi di AGO siamo stati chiamati a formare una quarantina di giovani animatori e attori per far sì che potessero salire con noi sul palco e animare il pubblico.

Buonanotte Salesiana

Il nostro intervento si è articolato in diversi week end formativi: giornate intense, piene, ricche di lavoro e di tante scoperte dettate dalla bellezza dei ragazzi presenti. In occasione del primo incontro mi è stato chiesto di dare la famosa Buonanotte Salesiana. Per le famiglie salesiane, la Buonanotte è un momento davvero importante: consiste nel lasciare un pensiero positivo, uno spunto, una restituzione che faccia riflettere i giovani sulla giornata appena trascorsa o sul momento appena vissuto. È una tradizione che don Bosco stesso ha iniziato con i suoi ragazzi ogni sera in oratorio per seminare delle parole buone e dei messaggi di speranza e che ancora oggi vive come stile attraverso i suoi successori e tra chi porta avanti il carisma salesiano nel mondo.

Formati all’imprevedibilità

Quella sera, all’interno di un momento di adorazione, viene letto il Vangelo della visitazione di Maria a Elisabetta. Visto che come formatori abbiamo l’obbligo e il dovere di essere preparati ancora prima di preparare, avevo preparato un discorso per quei ragazzi. C’è sempre, però, un tassello fondamentale su cui non possiamo essere pronti così nel dettaglio: l’imprevedibilità della vita e in particolare l’imprevedibilità umana. Nella formazione non lavoriamo solo con i contenuti teorici, ma con i “contenuti” che ci restituisce l’umanità che incontriamo e quelli non sempre possono essere previsti. Lavoriamo perché un tema incontri un vissuto, e quel vissuto possiamo scorgerlo solo a partire dai formandi, dalle esigenze che manifestano e da come reagiscono agli stimoli che vengono lanciati. Proprio per questo, però a partire dalla lettura della visitazione di Maria a Elisabetta e da ciò che loro avevano espresso fino a quel momento del week end, ho sentito l’esigenza di dover intraprendere un’altra strada per la buonanotte.

Una Madre

Iniziai il mio nuovo discorso più o meno così:

Quello che abbiamo ascoltato è l’incontro tra due madri. La vita ci fa il dono delle madri. Da loro apprendiamo la creatività, l’organizzazione, la decisionalità. Le mamme sanno decidere. E quando si tratta di scegliere di ricoprire un ruolo, loro sanno come si fa. Quando si tratta di dire sì lo dicono sino in fondo.

Mamma posso prendere questo gioco? Si.

Mamma posso uscire con un mio amico? Si.

Devi solo stare attento a quel momento in cui dicono <<vediamo>>, perché in realtà la risposta è no.

Mamma, oggi mi porti alle giostre? Vediamo.

Mamma, posso andare a fare un viaggio con i miei amici a fine anno? Vediamo.                                                                                                   

Ci sono risposte più immediate, ma ci sono altrettante risposte che arrivano come frutto di una decisione più profonda. Le madri sono decisionalità. Quando una madre sceglie di dire sì, è sì fino in fondo, anche se questo vuol dire andare in contrasto con ciò che sentono.

“Mamma guarda, ho deciso di voler partire per alcuni mesi e fare esperienze lontano da qui.” “Si figlio mio.”

“Mamma, sono cresciuto ormai, ho bisogno dei miei spazi.” “Si, figlio mio.”

“Mamma non ho più voglia di ascoltare i tuoi consigli, da oggi faccio come dico io.” “Si, figlio mio.”

“Mamma guarda, mi hanno arrestato, processato e adesso mi stanno conducendo ad una morte in croce.” “Si, figlio mio.”

Le madri ci mostrano come vivere al meglio un ruolo: farlo con il massimo dell’impegno. Ognuno di noi qui è chiamato a dare il proprio contributo nel servizio che gli è richiesto di fare. Decidere come farlo e interpretarlo è una scelta che può ricadere solo su di noi. Tutti siamo chiamati ogni giorno a dire quei piccoli-grandi sì.

Non avrei saputo riportarti le esatte parole utilizzate in quel momento, ma il senso è stato più o meno questo. Durante quel momento scorgevo volti attenti, occhi lucidi, ognuno con la sua motivazione dietro. Una cosa è certa, quelle parole erano in qualche modo arrivate e avevano incontrato realmente chi avevo di fronte.

Tensioni comunicative

Un po’ è così, pensi di aver capito tutto, di essere pronto sui massimi sistemi, di aver compreso perfettamente il senso dei temi (dogmi e verità di fede comprese), ma poi ricordi che esiste un principio di incarnazione da cui non possiamo distogliere lo sguardo. C’è un messaggio e c’è un’umanità, punto di arrivo e punto di partenza da cui tracciare la rotta. Ogni volta sempre diversa, ogni volta sempre nuova. Perché ci sarà sempre qualche cosa di nuovo da dire. Ci sarà sempre qualcosa di nuovo da riscoprire se resta questa tensione nel voler incontrare gli altri. Le parabole di cui Gesù stesso si serve negli anni della sua predicazione in Palestina ne sono l’esempio tacito e silenzioso che dimostra uno stile relazionale, comunicativo, di prossimità.

Tu, lettore, starai pensando: “certo, Gesù era Gesù, ci credo che lui riuscisse.” Ma anche lui dove non è stato riconosciuto non poté compiere miracoli.

In conclusione

Allora ti lascio con una domanda che mi porto dietro anche io: se rinunciassimo a priori a quest’attenzione verso la ricerca di un legame tra messaggio e destinatari, se smettessimo di avere questa tensione nel ricercare punti di contatto tra vita di fede e vita quotidiana, non sarebbe un po’ come rinunciare ad una parte delle verità di fede che, come operatori pastorali, siamo chiamati a testimoniare?

 

Manuel Carboni

Foto di MGS Sicilia su Facebook