COME INIZIARE UN INCONTRO FORMATIVO

Scopriamo iniziare un incontro formativo al meglio aiutati da un AGO speciale! 

IL BUON INCONTRO SI VEDE DALL’INIZIO

Iniziare un incontro formativo non è semplice. Iniziarlo bene è fondamentale.

Per questo una parte del mio metodo S.P.R.I.N.T. è dedicata proprio all’inizio. È la S di START. Ne parlo bene nel Manuale dell’imperfetto incontro formativo (pag 13-19).

Qui vorrei provare ad approfondire qualche concetto e magari dare qualche tecnica, soprattutto dare una tecnica di scelta per preparare al meglio il tutto. Per aiutarci giocheremo con AGO… qui però sarà un acronimo A.G.O., tre dimensioni per aiutarci a ricordare che cos’è importante fare.

A come ACCOGLIENZA

Non mi stuferò mai di ripeterlo: noi non proponiamo temi, noi favoriamo incontri! Perciò all’inizio di un incontro se mi sono preparato sul tema e sulle tecniche per presentarlo (se non si è fatto temo, ahimé, che manchi proprio l’essenziale) bisogna ora prepararsi su chi incontreremo.
I formandi non si conoscono mai. O meglio, anche quando si conoscono non sappiamo mai come arriveranno da noi quel giorno. Per questo ogni volta c’è bisogno di una camera stagna prima dell’immersione, c’è bisogno di uno spogliatoio per passare dalla vita fuori dei singoli alla vita comune dell’incontro formativo. Ora dobbiamo metterci in testa che quella camera stagna, quello spogliatoio siamo noi! Dobbiamo essere noi a creare qualcosa.
Quali tecniche possiamo usare?

  • Segna il tempo. La prima cosa da fare. Quando pianifichi un incontro, devi segnare del tempo all’inizio per salutare
  • Crea un rito. Sembra una banalità, ma non lo è. Nelle pratiche sportive ti cambi; nei corsi teatrali ti togli le scarpe e ti metti le calze antiscivolo. Questi sono i riti personali. Poi ci sono quelli di gruppo: il riscaldamento. A scuola c’è l’appello. Un rito di gruppo serve sempre, per farci capire che iniziamo un’altra cosa, per farci essere qui e ora.
  • Saluta prima. Ci si prepara prima perché così quando arrivano le persone possiamo “perdere tempo” con loro. Il quarto d’ora accademico non deve servirci per finire di preparare o per fare altro. È un tempo forte.
  • Saluta ciascuno. Vai oltre la buona educazione. I saluti centrano con la salute e la salvezza, tutti derivano da salvo, che significa INTERO! Questo vuol dire che devi salutare tutte le persone toccando l’intera loro vita. Troppo? No, basta semplicemente mostrare che ci ricordiamo di loro, citando magari un collegamento con quanto ci hanno detto la volta precedente. E se è la prima volta si tratta di chiedere, perché quando siamo interessati a qualcuno, chiediamo!

G come GIOCO

L’accoglienza crea il giusto clima, ma è tutto legato al tuo andare verso di loro. C’è bisogno che il gruppo si incontri. La dimensione del gioco (vedi pagine 19-26 del Manuale) aiuta davvero a entrare in questa dimensione.
Come deve essere un gioco che serve per avviare il gruppo?

  • Sempre collegato. Non deve per forza spiegare il tema, ma è meglio che sia collegato con il percorso, anche su qualcosa che magari si capisce dopo. Unica eccezione è se c’è un rito iniziale che prevede sempre un gioco con il gruppo prima di entrare nell’argomento del giorno.
  • Semplice e breve. Il gioco d’accoglienza deve essere semplice, non deve richiedere un coinvolgimento troppo alto dei partecipanti, in fondo ci stiamo riscaldando.
  • Va sempre annunciato. Proprio perché siamo all’inizio, è sempre bene annunciare che stiamo per fare un gioco: “Oggi iniziamo con un gioco!”. Diretti, semplici e molto sereni.
  • Esempi. Un rebus o un gioco enigmistico per lanciare il tema. Un gioco fotografico. Un gioco da tavolo (di quelli semplici, tipo party game) riadattato per l’occasione. Un gioco legato a un sondaggio (Un sondaggio ha chiesto i 5 problemi principali durante un incontro formativo. Riuscite a trovarli?).

Come puoi vedere dagli esempi non si tratta di giochi strutturati a livello olimpico, ma di una dimensione ludica, in cui ciò che conta è sempre fare squadra, stare bene, attivare l’interazione tra i partecipanti.

O come ORIENTARE

Se l’accoglienza scalda i cuori, il gioco scalda i motori dei partecipanti, l’orientamento serve per dare una direzione. Ok, che è bello ritrovarci insieme, ok che ci siamo gasati, ma dove vogliamo andare? A un incontro formativa si arriva sempre con delle aspettative, positive o negative che siano. Non è un’uscita tra amici, dove è importante che cosa si fa, ma è fondamentale il ritrovarsi. Nell’incontro è fondamentale avere una direzione, una meta, un obiettivo. Poi non sempre lo raggiungeremo e spesso non come avevamo pensato, ma ciò non autorizza a non avere una meta. Vi iscrivereste mai a un corso di inglese, dove non impariamo l’inglese, ma ci divertiamo un sacco?
Avere una meta non serve solo a noi per preparare un incontro, può essere d’aiuto anche ai formandi durante il percorso.

  • Annunciare le tappe. Presentare l’itinerario all’inizio. Può aiutare anche nei momenti di stanchezza per recuperare il senso di tutto.
  • Riprendere il filo. Dopo ogni incontro e spesso, anche dopo ogni pausa. Inoltre, aiuta molto gli eventuali assenti.
  • Per valutare. Annunciare il cammino aumenta la nostra responsabilità. Tuttavia, anche quando non facciamo tutto, possiamo usare il percorso originale per un buon momento di valutazione del percorso stesso. Spesso in questo modo, si recuperano anche punti del “programma” che qualcuno si era perso.

In conclusione?

Partendo da queste dimensioni puoi impostare il tuo inizio in modo diverso ogni volta. Altri suggerimenti li trovi sul Manuale.
Resta il fatto che questo A.G.O. è un AGO, perciò ricordati che

  • Può essere quello della bussola. Aiuta perciò nel momento iniziale a orientarsi sia come singoli (accoglienza) sia come gruppo (orientamento).
  • Può essere quello da cucire. Cuci la stoffa delle persone tra di loro (giocare) e cuci anche i vari passaggi fatti (orientamento).
  • Può essere quello della bilancia. Aiuta nella valutazione di gruppo (orientare) ma non ti dimenticare mai di dare rimandi personali da recuperare anche nelle volte successive in modo informale, aiutando la rielaborazione di ognuno (accoglienza)

E per le tecniche? Esistono davvero tante tecniche in tanti libri. Diciamo che ora hai uno strumento per poterle scegliere meglio. Se poi ti va come al solito possiamo parlarne insieme.

Gigi Cotichella