I GIOCHI FORMATIVI. UNA MARCIA IN PIU’ PARTE II

La seconda puntata sui giochi formativi ci fa scoprire il terzo livello di utilizzo. Dopo aver compreso che il primo livello è legato al piacere di giocare e il secondo punta sulle teorie che derivano dalle scienze umane, siamo pronti a tuffarci nel terzo livello. 

I giochi formativi e i vari livelli formativi di utilizzo 

È stato già affrontato il multilivello dell’uso di un gioco formativo, ma non in modo esaustivo. Se da un lato, infatti, sono stati presentati i livelli 1 e 2, dall’altro lato il livello 3 ha la sua autonomia e importanza tanto quanto gli altri.

Riconnettiamoci con il gioco formativo 

Solo per riconnettere il flusso e il filo del discorso, è stato presentato il gioco formativo come un’esperienza ludica, oltre che uno strumento, in grado di poter favorire il lavoro psico-educativo a più livelli: al livello 1 riscopriamo il piacere di giocare per giocare; al livello 2, invece, troviamo il cuore stesso del gioco, costruito su teorie derivate dalle scienze umane. Come accennato, tuttavia, esiste un possibile livello 3.

Tuffiamoci nel livello 3

Come se già non fosse abbastanza, esiste un terzo livello di utilizzo dei giochi, ossia come training tools. In pratica, dopo aver giocato e vissuto l’esperienza ludica, è possibile costruire una serie di interventi/schede/percorsi su tematiche psico-educative, che servono per lavorare esclusivamente con gli utenti su determinati focus. Facciamo qualche esempio.

Esempi di utilizzo 

My Party! è un gioco creato sulla teoria del Problem Solving, ma allo stesso tempo offre spunti di lavoro anche per altre tematiche. Le carte divise in categorie, amici e familiari, per esempio, possono essere usate per affrontare tematiche particolari, come: stereotipi e pregiudizi, bullismo, mobbing, legami familiari, famiglia vs gruppo di amici, ecc. Allo stesso tempo, le solite carte, possono essere utili per far creare agli utenti un Sociogramma di Moreno, che si tratti di un gruppo di lavoro e/o un gruppo classe, ecc.

Mr. Maslow è un gioco creato sulla teoria della Piramide dei bisogni, va da se che è possibile costruire una serie notevole di incontri, schede, percorsi, a partire dalle carte, proprio su ogni livello o anche livelli trasversali. Un format che propone AGO, per esempio, è strutturato su “La percezione di sé: tu chi sei?”. Una serie di attività strutturate su quattro carte del gioco, che aiutano gli utenti a fare un percorso prima introspettivo e poi condiviso sulla percezione che abbiamo di noi stessi, riflettendo su: riconoscimento, apprezzamento, prestigio, accettazione.

In quali occasioni proporre attività ludiche con giochi formativi? 

 I giochi formativi, come i giochi da tavolo in generale se sapientemente usati, possono essere usati spesso e volentieri, purché siano chiari gli obiettivi, il target, il setting per cui vogliamo usarli.

Chiarito questo punto ci sono particolari condizioni favorevoli per usarli ed attivare la motivazione, l’attenzione, il coinvolgimento degli utenti.

Gioco come attivazione

C’è chi ama definirlo “check in”, ma l’importante è capirsi su cosa significhi e quanto importante sia questa fase di ogni attività psico-educativa. L’attivazione è quel momento inziale di un incontro, singolo e/o di gruppo, dove è importante mettere in moto il mondo interiore degli utenti, preparandoli in un certo senso a quanto avverrà dopo. Il gioco, in questo senso, diventa un oggetto mediatore, che attiva gli utenti (ecco perché a noi piace parlare di attivazione) prima, durante e dopo l’esperienza ludica. Di fatto, l’esperienza ludica stessa diventa parte dell’attività psico-educativa e/o formativa perché, come detto precedentemente, attiva dinamiche relazionali che il/la professionista deve osservare.

Gioco come lavoro in piccoli/medi gruppi

La “Maturità dell’uomo significa avere ritrovato la serietà che si metteva nel gioco da bambini.”. Questa frase è attribuita a Nietzsche, il celebre filosofo, e ci piace citarla perché in poche parole riesce a smontare, a nostro parere, un pregiudizio molto diffuso: il gioco è una attività per bambini. Niente di più lontano dal vero, tant’è che negli ultimi decenni si sono sviluppate molte metodologie ludiche per la formazione in campo aziendale. Oggi non è raro incontrare in una Escape Room gruppi di lavoro, che lavorano sul team building grazie proprio a momenti ludici condivisi. Non di meno possiamo affermare che l’uso dei giochi da tavolo, e in particolare quelli formativi, hanno una capacità di stimolare il cambiamento nei gruppi non trascurabile.

Che siano usati quindi all’inizio di un nuovo progetto, oppure come rito ogni tot di tempo, oppure come visto per lavorare su specifiche tematiche, i giochi formativi sono utili per consolidare il lavoro di piccoli e medi gruppi.

Gioco come esperienza di incontro della singola persona

Il gioco crea un ambiente favorevole alla relazione e ciò vale anche nel caso per esempio di un terapeuta, di un pedagogista e/o di un/a professionista che sovente lavora con un solo utente per volta. Anche in questo caso il cerchio magico è la garanzia della protezione della relazione e il particolare ruolo del giocatore/professionista permette un lavoro ancora più specifico e incisivo. Inoltre il momento ludico può diventare anche un rito particolare tra professionista ed utente.

L’importante, alla fine, è l’esperienza vissuta

Tante motivazioni, tanti utilizzi, tanti spunti di riflessione, ma alla fine…chi ce lo fa fare? Quanta fatica costa aggiornarsi, studiare, sperimentare, mettersi in gioco? A volte tanto, a volte un po’ meno, ma molto dipende dalle motivazioni che ci spingono a impegnarci: credere nella bellezza delle persone e del lavoro sociale. Il gioco, se riscoperto nella sua essenza primordiale, è una strada per la scoperta e la ri-scoperta delle relazioni a 360°: con sé, con gli altri, con il mondo. Già solo per questo motivo viene voglia di mettersi in cammino.

 

Antonio Di Lisi

Immagine di Jesus Loves Austin su Unsplash