EDUCARE NEL MONDO DIGITALE

Perché educare nel e al digitale è possibile

Prima puntata di un percorso per fare i conti con i ragazzi e i giovani di oggi, nativi digitali. Idee e proposte da alcuni incontri di Gigi Cotichella in tutta Italia.

Nativi digitali o non nativi, oggi viviamo immersi in un mondo che è fatto di atmosfera e di bisosfera, viviamo in presenza e continuamente, e parallelamente, nel digitale.

Tuttavia gli adulti di oggi, le cosiddette generazione X e generazione Z, si trovano nel delicato compito di educare e accompagnare nuove generazioni che vivono il digitale come se ci fosse sempre stato, come se non fossero possibili altri mondi e altri modi.

Ci troviamo impreparati a questo compito perché siamo i primi che devono inventarsi questa sfida. Abbiamo visto già che non funzionano gli scenari apocaliticci (agli inizi qualcuno urlava INFERNET!), né mitizzazioni positivi o rifiuti totali. Quale possibilità quindi, per noi oggi?
La risposta è quasi scontata: bisogna stare, vivere. I miei nonni hanno tirato su figli durante la guerra, hanno provato, hanno visto, hanno “studiato” dall’esperienza, quali fossero le risposte più adatte. Così tocca a noi.

Per iniziare vi lancio le quattro fondamenta dei successivi strumenti o idee pratiche. In quanto fondamenta, sono fondamentali: stanno alla base, forse non si vedono, ma se non ci sono crolla tutto.

1. Il virtuale non esiste, il digitale è reale

Da Floridi in poi, questa frase sembra acquisita, ma in realtà non lo è, almeno nei risvolti pratici. Se vogliamo incontrare i giovani, dobbiamo smetterla di pensare che non è reale quello che vivono quando sono in rete. È reale il tempo che state perdendo leggendo questo articolo, come sono reali le idee che vi vengono in mente, come sono reali i mal di pancia che ci vengon in tutti i gruppi genitori aperti su Whatsapp.

Pensare che il digitale sia reale ci permette in realtà di cambiare molte carte in tavola. Perché se è reale, allora il nostro modo di stare nel digitale può fare la differenza, può educare. Sarà per questo che il Manifesto della Comunicazione non ostile, inizia proprio con questo assioma. E il sottotitolo spiega già tutto: Dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona. Come cambierebbe il mondo, se partissimo ad applicare questa regola, tanto banale quanto disattesa! Proprio per questo uso il manifesto nei laboratori con i ragazzi, perché sono 10 regole semplici, applicabili subito e da tutti, ma che fanno veramente la differenza.

2. Il digitale non è uno strumento, è un mondo.

Se ci fissiamo in mente questa idea, siamo più sereni. L’educazione, la formazione è sempre nella logica dell’accompagnamento, dell’osmosi, del lavoro a bottega. Certo ci sono gli “eventi”, ma questi vanno incastonati nel quotidiano.

Credere che il digitale sia un mondo e non uno strumento, ci fa togliere dal mito di apprendere qualche tecnica da risultati immediati. Un mondo si studia, ma si deve vivere e ci va tempo per apprendere usi, costumi, modi. Educare richiede tempo, educare nel digitale, pure.

3. La sfida vera è altrove

Negli incontri che faccio con i genitori, mi sembra sempre di intuire che “qualcun altro dovrebbe fare qualcosa”. Come abbiamo reagito a Squid game? Chiedendo la censura. Forse abbiamo “leggermente” sottovalutato come mai dei bambini piccoli avessero accesso a una piattaforma dove è possibile trovare di tutto. Forse abbiamo “dimenticato” la forza della rielaborazione che con i ragazzi avremmo dovuto fare, prima di buttarci a commentare sui social a tutto a spiano.

La vera sfida non è il digitale, o meglio non solo. Il digitale ci ha rivelato che non abbiamo più una capacità di toccare le persone: sono “touch” gli schermi, ma noi abbiamo perso la forza del contatto. La rete ci ha mostrato che non abbiamo più reti sociali automatiche. Se vogliamo salvare i nostri ragazzi dai pericoli che possono trovare in rete, dobbiamo costruire nuove reti di senso tra adulti. Se io faccio un incontro centrato sulla paura “Sei sicuro di sapere che cosa fa tuo figlio online?” ho la sala piena; se lavoro sulla promozione del ruolo di adulti “Educare nel web ricordandosi del mondo in presenza, educare in presenza accettando che ci sia un web!” le presenze scendono di molto. Il problema è che in entrambi i casi, tutti si aspettano nozioni tecniche, dati e analisi del problema. Pochi si aspettano di giocare, di ridere, di pensare insieme, di rielaborare strategie insieme. E quasi nessuno pensa che poi, questi stessi elementi, non sono solo strumentali per un incontro efficace, ma sono già i campi di soluzione possibile. Dobbiamo ritrovarci noi come adulti, anche a piccoli gruppi e ricominciare a vivere le relazioni e le reti sociali in un altro modo. Proprio perché il mondo è fluido (forse gassoso oramai) siamo noi che dobbiamo prendere delle decisioni.

4. E per non finire, il digitale ci sfida

Si, è il punto che aprirà alle prossime puntate. Il digitale ci sfida, perché rivela delle opportunità. Vi faccio un po’ di spoiler. Ci sono dei problemi reali, che il digitale amplifica e che risuonano a noi come autentici terrori. In realtà questi “terrori” nascondono delle sfide, delle opportunità. Ed è proprio lì, che prenderemo gli strumenti per combattere tutte quelle parole che oggi spaventano: sexting, cyberbullismo, challenge, analfabetismo funzionale… Il come, lo vedremo insieme. Alla prossima.

Gigi Cotichella